Blue Notes

Blue Notes

18 October 2017

Il problema non è nella risposta di una donna. Ma nel ricatto di un uomo.

pink

Erano giorni che nella mia testa immaginavo di scrivere un seguito alla questione del femminismo slavato poi è scoppiato il caso Weinstein. Mai come in questi ultimi giorni si è scritto e dibattuto forse finalmente davvero su larga scala di abuso di potere degli uomini sulle donne nell’ambito lavorativo, partendo da quello cinematografico, a quello della moda, poi con gli hashtag #metoo e #quellavoltache si è aperto il vaso di Pandora della vita quotidiana. Noi (donne) in realtà lo sapevamo già, praticamente ognuna di noi ha una storia da raccontare se non in ambito lavorativo, in quello quotidiano, di violenza fisica o verbale, di contatto fisico non richiesto da parte di sconosciuti o non, di pesanti apprezzamenti volgari gratuiti. Tutto questo come ha scritto anche Daniela Losini nell’articolo più on point che ho letto in questi giorni, tutto questo “fa parte della stessa matrice”. Vogliamo chiamarla società del patriarcato, vogliamo chiamarla società occidentale, vogliamo chiamarla la nostra attuale spacciata “normalità”?

Talmente ben radicata che in tanti – uomini e anche donne – si riservano la possibilità di fornire continue attenuanti ai Weinstein di turno. Ritengono che alle proposte di scambio sesso/carriera ci sia sempre la possibilità da parte di una donna di dire no. L’errore di fondo a livello (socio)logico sta nel fatto che se un uomo chiede: “vieni a letto con me e ti faccio fare carriera” (tralasciando il fatto che ciò non viene gentilmente “chiesto”) esista sempre la possibilità per una donna di rifiutare. Di rifiutare senza che questo comporti automaticamente una difficoltà nel proseguimento della sua carriera, perché a un rifiuto non seguirà mobbing, discesa nell’oblio e difficoltà di avanzamento nel proprio ambito? I predatori come Weinstein a un “no” rispondono “ah ok, amici come prima allora”, vero? Non lo fanno neanche quelli che ti fischiano dietro per strada, se non sorridi entusiasta, diventi subito “una stronza”. La scelta tra costrizione sessuale o il martirio non è una scelta. Il problema infatti non sta nella risposta di una donna ma nella domanda. La sopraffazione sta nella richiesta, nel ricatto, sempre.

È più facile anche dire poi “denunciate, non state zitte”. Ma è il sistema che regge e protegge la richiesta iniziale che dobbiamo mettere in evidenza. Il problema è a monte, non nelle conseguenze, a volte tragiche, del dopo. Perché ormai abbiamo davanti agli occhi mille esempi di cosa possa succedere anche dopo una denuncia, dal non essere credute, fino a tante, diverse, ulteriori umiliazioni.

Una volta a diciassette anni ero seduta in metrò e indossavo una gonna corta, un uomo di almeno sessanta mi si è seduto di fianco in metro dicendo “ciao carina” e mi ha messo la mano sulla parte alta della coscia. Mi sono alzata e allontanata però senza avere avuto la presenza di spirito di urlargli nulla. Poi è seguita la mia autoanalisi: Ero troppo appariscente? La gonna era troppo corta? Non la devo più mettere. Quell’uomo schifoso che autoanalisi avrà fatto? Nessuna. Perché la nostra società si basa sul fatto che io, donna, debba mettere in discussione il mio aspetto e le mie azioni. Ma non che lo faccia un vecchio (o giovane) porco. Perché sono sempre tutti capaci – uomini e donne spesso uniti insieme in questo, del resto per reggere un sistema di sopraffazione servono sempre dei complici – di dire a una donna, o a un’altra donna, “sei una troia”. Gli uomini difficilmente invece sono capaci di dire a un altro uomo “sei un viscido schifoso” perché il confine tra quello è l’essere macho, un conquistatore, uno che ci sa fare, ovvero quello che hanno fatto di tutto per far(ci/vi) credere coincida con l’essere “un vero maschio”, quel confine tutto sommato è labile, sottile, nebuloso. Perché viviamo e alimentiamo ogni giorno una società che glorifica il potere sessuale maschile mentre contemporaneamente soffoca, svilisce, giudica continuamente quello femminile.

Che deve essere più che altro passivo, a comando, a richiesta appunto. In tutti questi #metoo si sta parlando forse ancora poco di questo, di educazione, di sessualità, di mostrare che il re è nudo, ovvero che un predatore è sempre un colpevole. E dell’impatto che può avere l’unità, la nostra femminile in primo luogo, questa non è una lotta donne angelicate contro meretrici. E l’unità degli uomini, i non predatori: non sentitevi in dovere di difendere la categoria “uomo” in sé, dovreste sentire la necessità di condannare negli altri maschi quei comportamenti che voi invece non avete mai messo in atto. Altrimenti dobbiamo ritenere che, tutto sommato, questo sistema di sopraffazione in qualche modo faccia comodo anche a voi.

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

    facebooktwittergoogle_pluspinterest

TAGS:

3 comments

  1. dopo tutte le cavolate che ho letto in rete sul fatto che “devono essere le donne a dire di no” pensavo che ero l’ unica a pensarla diversamente! ora finalmente leggo qualcosa di sensato!

    Occhineri
  2. Ciao Erica, quando ieri ho letto ieri questo tuo post volevo scrivere un commento, poi mi sono detta: “Forse non ha valore che io scriva!” Però oggi l’ ho riletto nuovamente (leggendo anche il post che citi all’inizio sul femminismo) , e non posso fare a meno di farti i complimenti: è stata davvero una soddisfazione leggere queste righe, e non posso far altro che sottoscrivere TUTTO.
    Questa è un’ottima ( anche se triste) opportunità, ma in questi giorni si legge di tutto, sono basita: immaginavo qualcosa del genere, ma la cosa che mi atterrisce di più sono le reazioni delle persone che commentano! È tristissimo, molte persone non sono ancora culturalmente e socialmente pronte, e tanti temo non lo saranno mai.

    Grazie!

    Vale
    • Per me ha molto valore il tuo commento e te ne ringrazio. Anch’io continuo a stupirmi e ad arrabbiarmi di alcuni commenti che leggo in questi giorni. Ma del resto mi succede per tanti altri argomenti. I condizionamenti – in questo caso culturali – sono tanti ed è difficile scardinarli. Servono però proprio occasioni come queste per parlarne e continuare a parlarne.

      Erica Blue