Blue Notes

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4 febbraio 2016

Blue Note, la Editor’s Lettera di Febbraio

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Sei anni e mezzo di blog e questa è la mia prima Editor’s Letter (la “lettera del direttore” solo con un nome più color-consono al mio blog!). Ho pensato che potesse essere utile fare il punto della situazione di cosa è successo nell’ultimo mese e di cosa sarà.

Ho salutato il 2015 lamentando una carenza di ispirazione e sono piuttosto soddisfatta che le cose siano cambiate radicalmente in questo inizio d’anno. A gennaio mi sono iscritta a nuove newsletter, a nuovi blog, ho (ri)cominciato a leggere più articoli fashion di spessore (vedi BoF, WWD, T-Magazine, WGSN). Ho ricominciato anche a pinnare più frequentemente ed è incredibile quanto buon materiale si trovi su Pinterest, non solo le foto, ma gli articoli, le persone e i siti che vi sono linkati. E dunque la formula nuovi interessi + nuove letture (e direi anche molte meno di quelle inutili) ha funzionato = nuova ispirazione! Ho cominciato questo 2016 con rinnovata voglia di dedicarmi al blog. E spero che abbiate notato anche un po’ il cambiamento di rotta. Devo dire che i post con i fiorellini e !!!! ovunque o i post con le regole per “vivere una vita perfetta”, o che continuano a illuderci con una vita perfetta, non fanno per me.

A gennaio ho inaugurato anche due nuove rubriche “blueWEEKLY” e “5With” di cui sono orgogliosa, anche perché non sono dedicate soltanto alla moda, ma anche ad arte, design e fotografia. E vorrei anche ringraziare tutte voi che in quest’ultimo mese avete dedicato tempo a lasciare commenti, talvolta davvero articolati, esprimendo la vostra opinione in merito ai post. Questo è il tipo di ispirazione e di motivazione che ti dà subito energia potentissima per continuare. Sapere che c’è qualcuno là fuori a leggere è davvero lo sprint più grande. Ma grazie in ogni caso anche alle lettrici silenziose perché so che ci siete anche voi (ciao google-analytics), e quindi grazie per la vostra attenzione.

Qualche giorno fa ho letto questa intervista di El Paìs (è in inglese) al sociologo Sociologist Zygmunt Bauman (vecchia conoscenza dei miei studi di sociologia) che mi ha fatto riflettere molto, in particolare questo passaggio:

“Il fatto è che l’identità è passata dall’essere qualcosa con cui si nasce a qualcosa da costruire: è necessario crearsi la propria comunità di riferimento. Ma le comunità non sono un’invenzione, o appartieni loro o ne sei fuori. Ciò che i social network possono creare è solo un surrogato. La differenza tra una comunità e una rete è che a una comunità si appartiene, mentre una rete appartiene a voi. Se ne ha il controllo. Si possono aggiungere amici quando lo si desidera ed è possibile eliminarli allo stesso modo. Si tengono sott’occhio le persone con cui ci si vuole relazionare.  Il risultato è che tutto questo fa stare bene la gente, perché la solitudine, l’abbandono, è la paura più grande che affligge la nostra epoca individualistica. Ma è così facile aggiungere o rimuovere gli amici sui social media che le persone dimenticano le regole del comportamento sociale, necessarie quando si va per strada, al lavoro, o quando ci si trova costretti ad instaurare una relazione empatica con le persone che ci stanno attorno. Papa Francesco, che è un grande uomo, ha rilasciato la sua prima intervista dopo essere stato eletto a Eugenio Scalfari, giornalista italiano che è anche un ateo autoproclamato.  Era un segno: il vero dialogo non è parlare con persone che credono nelle tue stesse cose. I social media non ci insegnano a dialogare perché in quel mondo è facile evitare le polemiche, quando lo si desidera. La maggior parte delle persone utilizza i social media non per collegarsi e neppure per ampliare i propri orizzonti, ma, al contrario, per rinchiudere sé stessi in una comfort-zone in cui gli unici suoni sono gli echi della loro voce e  le uniche cose che vedono sono i riflessi del proprio volto. I social media sono molto utili e piacevoli, ma sono una trappola. ”

I social media sono una trappola, afferma Baumann. Comincio a pensarlo sempre più di frequente anch’io. E la differenza di cui parla Baumann tra network e community è fondamentale. Dovremmo smetterla di parlare di sterili followers e di influenza e cominciare a considerare di più il coinvolgimento emotivo. Che è ciò che conta davvero.

 

P.S. Le scritte e le pennellate nell’immagine di copertina sono di Alessia Landi, imparerete a conoscere meglio lei e suoi lavori perché collaborerà con il blog: benvenuta Al!

[Fotografia di copertina via Tilde Bjerregaard, disegni di Alessia Landi, artwork ed editing mio.]

 

 

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9 comments

  1. ma che caso, ho appena finito un libro di Bauman molto interessante!
    Ho notato anche io che i tuoi post sono diversi, mi piacciono TANTISSIMO, continua così! :)

    giulia
    • Grazie Giulia, tengo molto al tuo giudizio!

      Erica Blue
    • Thabk you!!

      Erica Blue
  2. Bauman sempre interessante. Come il nuovo taglio che stai dando al blog: ti leggo spesso ma silenziosamente. Good job!

    Francesca
    • Grazie! E questa volta anche per esserti palesata allora!

      Erica Blue
  3. Finally I read your post!
    I agree with everything you wrote. I approach social media in a very “old fashioned” way, for me it’s a way to connect and share and sometimes even create meaningful relationships. I will never understand that “share my perfect life in overexposed pics full of pink” kind of thing. But maybe it’s just because I’m an old catlady :p so not millenial…
    I’m very happy you found your inspiration back, the web needs blogs like yours.
    xx Al

    Al
    • thank you Al. <3

      Erica Blue