Blue Notes

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31 marzo 2018

Dovremmo ripensare a come compriamo e parliamo di moda

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Le editor francesi in una foto scattata lo scorso febbraio 2018. Il loro stile è coerente da più di 10 anni.

 

Nel suo piccolo questo blog negli scorsi anni era diventato noto per “scovare e presentare nuovi trend”. Ora però sento la necessità di questo post e di una spiegazione sullo stato attuale della moda. Con un grosso spoiler: i trend oggi non esistono più.

Quando ho aperto il blog nel 2009 ciò che mi piaceva delle blogger di moda era che scovavano capi interessanti adatti alla vita di tutti i giorni. Ricordo ancora quando comprai un paio di stivaletti di Zara perché li avevo visti indossati da Betty di Le blog de Betty (oggi bettyautier.com e una faccia completamente diversa). Ho ricevuto moltissimi complimenti per quelle scarpe, di pelle, comode e che ho usato a lungo. Erano tempi in cui Zara aveva pochi negozi, non aveva un online store e nemmeno un sito dove mostrava la propria collezione: nel 2009 il sito di Zara aveva solo la home page (!). Ho ancora un cappottino leggero del 2009, l’unico capo di Zara che ancora conservo: era di un tessuto spesso, rifinito bene, con una bella fodera optical. Se ve lo facessi vedere oggi non credereste mai che sia di Zara. Forse l’unico difetto erano i bottoni, troppo plasticosi. Perché la qualità di un capo si riconosce anche e soprattutto dalle rifiniture. Se i bottoni sembrano fatti della stessa plastica del Lego non è certo un pregio. Nemmeno dieci anni fa erano i tempi  in cui si cominciava a parlare di mix & match, in cui anche le signore bene “compravano ogni tanto un capo di Zara” e la qualità era decisamente diversa. Erano tempi in cui non esistevano ancora le collezioni cruise e resort – oggi pre-spring e pre-fall – gli stilisti non producevano quattro collezioni all’anno. Erano i tempi in cui se entravi da Zara all’inizio e poi alla fine dello stesso mese non trovavi un mucchio di abiti completamente diversi. Non esisteva neanche il fast fashion.

Oggi se date un’occhiata all’indice degli stilisti e delle sfilate su vogue.com trovate centinaia di nomi, senza contare tutti gli altri brand che non sfilano, i designers emergenti e le fashion weeks di ogni paese del mondo, e ovviamente appunto i grandi gruppi di fast fashion che oggi presentano centinaia di capi alla settimana. Ovvero oggi esiste un’offerta di moda enorme, spropositata e inutile. Betty e tutte le altre influencers di successo (non più blogger ormai) non indossano più nulla di Zara. Più che altro hanno smesso di comprare i propri vestiti. Vista la quantità di abiti che ricevono in regalo o in prestito per una foto non ne hanno molto bisogno. Le influencers che suggeriscono a noi cosa comprare in realtà non comprano praticamente più nulla di quello che indossano. O comunque indossano ogni cosa al massimo una volta, per una foto, per un party, per un viaggio spesato. Queste donne, o spesso ragazzine, rappresentano il nostro modello di moda attuale. E per questo tante altre donne e ragazzine vorrebbero imitarle e aspirano ad avere molti soldi per comprarsi molti vestiti. Che vogliono mostrare e indossare una volta sola.

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La scarsa qualità dei tessuti si percepisce persino dalla foto.

 

Dove e a cosa sta portando tutto questo? Il maglioncino ceruleo che in tante ancora prendono a simbolo “della moda”, come gli stilisti del passato che ancora glorifichiamo Dior, Versace, Balenciaga, tutto questo – devo dirvelo – non esiste più. O meglio non esiste più rappresentato nei grandi nomi. Esistono invece realtà più piccole e interessanti che non scopriamo perché nessuno ce le racconta e noi non le andiamo a cercare. Viviamo il presente credendo di essere nel passato in cui moda significava ancora passione e bellezza. Amore per il bello. Per il fatto bene. Questo elevava la moda. Oggi i grandi nomi e gruppi si reggono su un sistema che è tutt’altro. E che purtroppo è legato a poco altro che non sia il profitto. E al profitto non interessa che si distrugga l’ambiente, né la vita e le condizioni delle persone che lavorano per produrre quei capi, e nemmeno quella dello stilista che firma la collezione, che riceverà milioni certo, ma è ormai anche lui soltanto una pedina intercambiabile la cui creatività va spremuta fino a quando serve e poi gettata via. Ecco perché – anche inconsciamente – abbiamo nostalgia dei grandi nomi del passato. Perché tutto questo lo percepiamo. Dovremmo solo esserne davvero consci però e cominciare a cambiarlo.

Non ha più senso parlare di trend perché oggi trovi qualsiasi cosa, in qualsiasi stagione, di qualsiasi colore. Ogni titolo dei magazine e sul web contiene le parole “must-have, indispensabile, vi serve, lo dovete avere, non può mancare nel vostro guardaroba”. Tutta moda indispensabile però per una settimana. Poi potete buttarla via. Anzi dovete. Questa attitudine è comune sia ai designers di lusso, sia al fast fashion. Con le persone ormai suddivise in due gruppi: se sei fortunata e ricca puoi permetterti camicette da 500 Euro e cappotti da 2.000 a stagione (per poi sostituirli con quelli della nuova stagione ovvio). Se hai uno stipendio medio-basso attuale scegli le camicette da 30 Euro e i cappotti da 150 che poi a fine stagione butterai via perché probabilmente sono caduti a pezzi. O ti fanno credere che non siano più di moda. Però magari puoi concederti una borsa firmata. Che dovete sapere è quello che traina oggi la maggior parte del settore del lusso: la vendita di borse, scarpe e T-shirt. E calzini anche, in qualche caso. Non certo i vestiti.

Gli anni più tristi del mio rapporto con la moda sono stati quelli in cui – immersa in un ambiente che ragiona a stagioni e collezioni dove tutto è già vecchio dopo due mesi – ho pensato anch’io che la realtà dovesse essere quella. Che mi dovessi vergognare a farmi vedere con i pantaloni della stagione passata. Problemi stupidi di un mondo malato direte voi, e avete ragione. Ma tutto il sistema moda (e non solo) ormai si fonda su questo presupposto. Nuovi trend ogni settimana, continui bisogni da soddisfare, lo shopping come cura a frustrazione e dispiaceri di una società che ha deciso che la classe media non deve più esistere e che lo stipendio medio concesso alla maggior parte della popolazione occidentale è inferiore al prezzo di una borsa di lusso.

Chloë Sevigny, un’attrice e una persona che ammiro per la sua attitudine oltre che per il suo stile, viene spesso citata dallo stesso fashion system di cui vi ho parlato finora come icona di stile cool. Eppure ho letto diverse sue interviste dove dichiara sempre apertamente (al contrario delle influencers) che tutti i look che indossa sul red carpet sono solo prestati, che gioca a fare la Cenerentola della serata, ma che ciò che indossa nella sua vita reale è praticamente tutto vintage, o sono capi che usa e reindossa da anni. Ed è con questi abiti che la fotografano per strada. Ed è per quello che la amiamo. Perché è ciò che fa la differenza in fatto di stile. Trovare la propria divisa. Che è un po’ anche trovare se stessi. E sotto sotto lo sappiamo tutti.

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Una foto apparsa qualche anno fa su Vanity Fair USA. Diane Keaton si è rifiuata di adeguarsi allo stile dello scatto indossando un abito da sera che mai avrebbe indossato nella vita vera. E indossa quindi ciò che le piace davvero.

 

So che per molte persone è difficile fare scelte di acquisto diverse da quelle del fast fashion, perché spesso è una questione economica: non posso permettermi molto altro. Anche se le alternative in realtà ci sono. Entrate in un negozio vintage o second hand, ormai è pieno di possibilità anche online, fate ricerca sul web, cercate designer emergenti, o di nicchia o che sono rimasti coerenti negli anni, informatevi sulla produzione dei capi che acquistate. Comprate con i saldi designer che valgono davvero. Cercate ispirazione e modelli di vita che vanno oltre le bellissime e irragiungibili influencers con un guardaroba completamente impersonale. Amate i vostri abiti, sceglieteli di tessuti morbidi, spessi e resistenti, piacevoli al tatto. Circondatevi di vera bellezza e di vestiti che hanno una storia, che sono stati prodotti per rendervi diverse e sicure di voi stesse. Non la copia di qualcun altro. E indossateli spesso e con orgoglio. Come tutte le donne con stile della storia hanno sempre fatto. È giunto il momento di fare un passo indietro.

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Rick Owens è un designer eccentrico e con un’estetica estrema, lo so. Ma ha fatto la storia della moda anche lui. Anni fa gli è stato chiesto più volte di vendere la sua azienda con offerte economiche da capogiro. Ha sempre rifiutato. Anzi ha acquistato le due principali fabbriche tessili dove venivano prodotti i suo abiti – una in Italia per la linea principale e l’altra in Polonia per la seconda linea – in modo da non avere problemi con i fornitori e poter controllare direttamente la qualità della sua produzione.

 

Foto via:

teampeterstigter, harpersbazaar, vogue.com

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16 comments

  1. Continuerò a pensare al tuo articolo per molto tempo. Grazie

    Ilaria
  2. Sono contenta di leggere questo perché rappresenta il mio pensiero. Faticosamente, ho smesso di entrare da Zara, non solo per la qualità, ma anche per quello che oramai rappresenta e in cui non mi voglio rispecchiare. Non sento la necessità di un capo nuovo al mese come credevo in passato. Sento la necessità di fare una scelta più etica e consapevole e che premi in maniera adeguata tutti i passaggi della filiera che mi portano ad indossare un capo. Grazie per queste parole, grazie davvero.

    Camilla
  3. Complimenti per la “distinzione dalla massa” che al giorno d’oggi viene quasi vista come una “bestemmia”.
    Mi ha molto colpito la frase:Trovare la propria divisa.Che è un po’ anche trovare se stessi.

    Alle volte sembra quasi si perda di vista questo concetto.
    Non si è migliori se si è tutti uguali.

    Valentina Mariani

    Valentina
    • Esattamente!

      Erica Blue
  4. Che bello questo articolo ! Mi sto per buttare nel campo della moda con una piccola collection ispirata al mio cane , t-shirts e felpe. Sono di qualità e prodotte in Italia .. non potrò vendere una maglietta a 20 euro .. perché è quasi il mio costo cad. Non ho budget spropositato per il marketing o dato incarichi a uffici stampa di fama internazionale che chiedono 80k solo per iniziare .. ma ci credo nel mio progetto, legato ad uno story telling di un cane coach, un erogatore di sorrisi e di benessere che per ora è presente sui social come Mr Dado official.
    Si accettano consigli magari da chi è già nel fashion per trovare canali di vendita/ business partner .
    Grazie!

    Daniela
  5. Grazie! Hai dato voce ai miei pensieri ( che non sapevo di avere…ma ora sì)
    Spesso mi sono sentita inadeguata perché indosso vestiti con cui sono in sintonia ma forse nn sono così alla moda..
    Grazie grazie grazie!

    Anita
    • L’importante è una cosa sola: che i vestiti che indossi piacciano a TE!

      Erica Blue
  6. Sono molto lieta di questo articolo. Finalmente qualcuno che ha avuto il coraggio di dire quello che io ho sempre pensato. Da anni mi vesto con abiti non di moda attuale. Ma io non mi sono mai sentita fuori moda. La moda è mia e faccio come voglio.

    Paola
    • Brava!

      Erica Blue
  7. Grazie Erica per il tuo articolo. E’ da alcuni anni che personalmente mi batto per diffondere, tra amici e conoscenti, un’idea di acquisto etico, soprattutto nel campo della moda. Non è sempre facile trovare capi prodotti in condizioni di lavoro e di produzione eque e sostenibili, ma abbiamo oggi tanti (e sempre nuovi) strumenti per poter diventare consapevoli e fare scelte dettate da passione per la qualità! Hai qualche app o sito web da segnalare (es. stilisti locali)? Grazie!

    Lorenza
  8. Brava Erika, non dico altro. Condivido ogni singola parola di un articolo che parla di moda per parlare in realtà di molto altro. Chapeau.

    Alessandra
    • Grazie Alessandra.

      Erica Blue
  9. Grazie per questo articolo, a cui sono arrivata grazie al retwit di Roberta Talia. Hai dato voce a molti dei miei pensieri. Nel 2015 ho acquistato tantissimo, dai vestiti alle borse fino alle scarpe. Poi ho dovuto fare un trasloco e mi sono resa conto che ero circondata da capi che non avevo mai messo, che avevano ancora l’etichetta, o peggio, da capi che non sapevo di avere.
    Ho capito che l’acquisto spensierato era una favola che mi raccontavo e che in realtà mi sfogavo così. Da allora ho smesso di fare shopping compulsivo e ho passato un anno e mezzo senza comprare più nulla (eccetto l’abito da sposa, ma quello non lo potevo proprio trovare già nell’armadio!). Ora credo di avere una consapevolezza maggiore di me stessa e anche del processo che mi porta ad acquistare.

    virginiamanda
    • Grazie mille per aver lasciato questo bellissimo commento con la tua esperienza!

      Erica Blue
  10. Ma sei un mito! Che coraggio a dire certe cose! Controcorrente, ma così giusto. Complimenti. Io ci provo, ma è difficile, ci vuole tempo, ricerca e trovare le cose pronte alle volte fa comodo, senza contare al prezzo. Ma avanti così, sono convinta che sia la strada giusta. Io anche se cedo talvolta almeno compro ciò che mi piace, non ciò che va di moda, non è tanto ma un inizio. Complimenti ancora!

    ChiaraB