Fashion

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5 novembre 2018

Sentirsi a disagio come comfort zone

Maison Martin Margiela 1989

We learn the most about ourselves and others when we’re uncomfortable” (Impariamo di più su noi stessi e sugli altri quando ci sentiamo a disagio). Ho sentito qualche giorno fa pronunciare questa frase in un video che stavo guardando su YouTube. Mi ha fatto pensare all’idea, ovvia e immediata, che un profondo disagio, o quello che siamo soliti definire come “toccare il fondo”, spesso è il vero unico motore dei nostri cambiamenti (purtroppo). Lo sappiamo e lo sperimentiamo tutti nella vita.

Ma mi ha fatto pensare anche a questo blog. A come io abbia progressivamente smesso di partecipare a sfilate o a eventi collegati alla moda proprio perché mi provocavano disagio. Un disagio dato dal vedermi sfilare sotto gli occhi un ambiente prosaico, gretto, maleducato, egocentrico e interessato al denaro quando i miei occhi idealisti volevano continuare a vederlo come un ambiente artistico e di creatività in fervente movimento.

Nei miei post ho sempre scritto e mostrato vestiti con l’obiettivo che potessero servirci a trovare il nostro stile. Il blog è fermo da un po’ di tempo proprio perché mi sono fermata a pensare se questo tipo di impostazione ha un senso, se serve ancora. Se mi piace ancora.

Perché mi è ormai chiaro che parlare di moda talvolta mi mette a disagio. Credo che i vestiti possano aiutare a chiarirci le idee su chi siamo o su chi vorremmo essere. A esprimere la nostra personalità, a renderla visibile agli altri, a valorizzarla anzi, anche quando magari ci sentiamo schiacciati. Dagli altri, dalle regole, da un mondo che ci vuole tutti uguali per essere apprezzati.

Gli stilisti del passato sovvertivano le regole di stile e hanno cambiato nel corso degli anni il modo di avvolgere i nostri corpi ma anche la nostra mentalità. C’è stato un tempo nel quale portare i pantaloni per una donna era considerato scandaloso. Lo è stato per la minigonna. Per il chiodo di pelle. Ancora adesso se ti vesti sempre e solo di nero trasmetti agli altri una presa di posizione sul mondo che va oltre gli abiti stessi che indossi.

Oggi se mi capita di dover raccontare per la prima volta a qualcuno che ho un blog di moda vedo sfrecciare negli occhi del mio interlocutore una serie di immagini che vanno dallo stacco di gamba fotografato dal basso verso l’alto, al fondoschiena sodo con il riflesso di una piscina che ci scintilla sopra, alla domanda “quindi sei un’influencer”? Al che mi tocca mettere le mani avanti e spiegare che no, “faccio una cosa diversa”. Che a volte persino scrivo. Non caption sotto alle foto di Instagram. Non con una scrittura adatta alla carta dei cioccolatini. (Perché piacciono tanto le frasi melense? Di questo non me ne farò mai una ragione).

Sempre qualche giorno fa ho letto un articolo – anzi lo ammetto, mi sono voluta fermare al titolo e all’occhiello – che annunciava trionfante come una nota influencer statunitense aveva lanciato la propria capsule collection di abiti e che questa fosse andata sold out in un giorno. In questo titolo credo si rispecchi lo stato del fashion system attuale. La notizia è il sold out immediato. Chi ha inventato e disegnato la collezione è uno stilista che lavora in incognito, come un ghostwriter. L’eroina della moderna storia di successo economico è l’influencer. Il mezzo le sue foto pubblicate su un social network. Se sono queste le favole e il lieto fine che scegliamo di raccontarci oggi non fanno per me.

Io non credo in un PIL che debba costantemente crescere, e rimanendo in ambito moda, non credo in un’industria che continua a spingere l’immissione a gettito continuo di quelli che considero pezzi di stoffa senza una storia, senza un contesto, privi di qualcuno che li ha concepiti per venderli, certo, ma con un po’ di affetto, di ispirazione, che ci ha cucito dentro un pezzetto della sua visione del mondo. Piuttosto rappresentano il contrario, abiti ai quali rimane attaccata la sporcizia e il sudore dei capannoni nei quali vengono prodotti. Di più sempre di più. Non credo in una moda che crede che sia sufficiente il timbro di un logo per comunicare “moda”, appunto.

Ho smesso di credere che più sia meglio. Dopo anni passati con una frustrazione perenne indotta da chi mi ripeteva che non avevo abbastanza follower per questa e quella collaborazione. Che i follower sono tutto. Che forse non ero all’altezza, non ero abbastanza. Ho semplicemente accettato la realtà. Che la mia è una realtà diversa e che mi va bene così. Ho il tipo di blog, di comunicazione, di concezione, che funziona magari più per mille che per diecimila persone. Ma sono persone con le quali mi sento in sintonia, che negli anni hanno sempre arricchito queste pagine con le proprie idee ed esperienze che hanno voluto condividere. Preferisco essere circondata da gentilezza che da polemiche e aggressività sfogata sui social.

Cosa ne sarà di questo spazio? Non voglio incitare allo shopping incondizionato visto che il messaggio che vorrei far passare è quello di riciclare, di ridare vita a ciò che già possediamo, di riscoprire il passato e di selezionare più attentamente il nuovo. Non lo so ancora quindi cosa ne sarà. Ma credo vada bene così. Il disagio del non sapere ancora esattamente quale sarà la direzione da intraprendere sarà il motore del cambiamento.

A.F. Vandevorst SS 2000, presentation at Paris swimming pool

 

Foto:

copertina: Maison Martin Margiela, 1989

A.F. Vandevorst SS 2000,  presentation at Paris swimming pool

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30 comments

  1. Ti capisco molto bene e condivido quello che pensi. Anche io ho un blog “di moda” fermo da un po’. E devo dire che più conosco la moda (attuale) meno mi interessa. Una volta seguivo le sfilate, la ricerca degli stilisti ecc. ecc, adesso mi sembra tutto privo di significato. Mi interessa ancora lo stile personale, quello che va al di là delle mode. Forse perchè non sono più tanto giovane, forse perchè come sta andando il mondo della moda e del fashion blogging non mi piace affatto, anche io mi sono trovata a interrogarmi su come proseguire il mio blog, che peraltro ho sempre fatto per mio piacere e non per guadagnare ma non ho ancora trovato una risposta. Questo mi rattrista perchè quando ho aperto il blog, parecchi anni fa, avevo tanto entusiasmo e tante speranze che si venisse a crea re qualcosa di innovativo. Adesso non so più cosa pensare. Sigh

    Giulia
    • Sì, credo che in particolare chi ha/aveva un blog si è fermato a riflettere ancora di più sulla situazione. Perché a noi è arrivata comunque la presa di posizione che fossimo “il vecchio” e che era meglio andare in un’altra direzione. Meglio per chi, credo che almeno noi blogger lo abbiamo capito. Dovremmo comunque opporci se abbiamo ancora qualcosa che riteniamo utile condividere.

      Erica Blue
  2. Ciao Erica, ti seguo da anni e, per quanto senta la mancanza dei tuoi post quotidiani, sono d’accordissimo con la linea di pensiero che hai adottato ultimamente. Non ci mollare :)

    sissi
    • Grazie Sissi, non mollo!

      Erica Blue
  3. Lo sai che concordo spesso con te; ciò è confermato anche da questo post. Io adoravo il tuo scovare trend, adoro le tue riflessioni di oggi (ti vedo proprio mentre scrivi, come quando Carrie Bradshaw si poneva delle domande) e adoro anche il fatto che hai deciso negli ultimi tempi di parlare di brand più “sani”.
    Purtroppo capisco cosa intendi… è andato tutto a rotoli! Tutto il sistema che c’è ora non lo capisco ed è frustrante.
    Scusa lo sfogo e tieni duro che a me piace leggere quel che scrivi. Anzi, sei l’unica che leggo.
    Elena

    Elena / Seaseight
    • Ti ringrazio Elena. Il tuo “ti vedo mentre scrivi” è, oddio, una delle frasi più belle che mi potessi dire!

      Erica Blue
  4. Sono poche le persone che di questi tempi hanno il coraggio di dire come la pensi. Sei stata sempre molto brava a denunciare i limiti della nostra società.
    Che posso dirti se non continua così. Io ti seguirò sempre

    Paola
    • Grazie Paola.

      Erica Blue
  5. Il solo fatto che tu pensi così, e che ci siano altri che la pensano così, significa che c’è spazio per un messaggio del genere. Non ti abbattere! :)

    Laura
    • Infatti, non sono abbattuta!

      Erica Blue
  6. Ciao Erica, leggo il tuo blog con immutato interesse da anni.
    Non sono né un’addetta ai lavori né un’esperta, ma da semplice appassionata di moda (presente e passata) condivido il tuo approccio. Purtroppo hai pienamente ragione sulla pessima deriva del fashion system, ma proprio per questo c’è bisogno di angoli preziosi come il tuo blog, dove scovare contenuti non banali.
    Continuerò a seguire con interesse l’evoluzione del blog, grazie per il tuo lavoro.

    Elinor
    • Grazie a te!

      Erica Blue
  7. Ciao stella. Continua a scrivere perché ci sarà sempre chi ha voglia di leggere, scrivi il tuo punto di vista perché ci sarà sempre chi ti apprezza. Kisses.
    La Zietta

    La Zietta
    • Ciao Zietta!

      Erica Blue
  8. Non so quale sarà la strada che deciderai di intraprendere – o che questo spazio prenderà autonomamente, come qualche volta fanno i personaggi di un romanzo, che prendono vita e si scrivono da sé. Quello che posso dirti è che io vengo qui per imparare a cercarmi e a riconoscermi, perché questo spazio, da quando lo conosco e lo frequento, è uno spazio di ricerca. Tua, prima di tutto, poi di chi ti segue: mia, nostra, di chi passa a leggere o a rileggere un vecchio post. Alla fine, il concetto di rigenerazione o di riciclo può essere applicato anche alla propria percezione del sé (perché no, anche in relazione agli altri) : sapere cosa fare di sé, sapersi “rigenerare” e migliorare mi sembra il modo migliore per “valorizzarsi” (che brutta parola), nel senso di “riconoscere il proprio valore”. Quindi, non preoccuparti mai: questo blog è il tuo spazio di ricerca, la tua pagina bianca, il tuo pianoforte o violino o campo da tennis dove allenarti e provare a sperimentare nuove tecniche di gioco. Per questo, potrai chiamarlo blog di moda, blog soltanto o come ti pare : finché assomiglia alla tua volontà di comprensione, finché ti assomiglia e ti riflette, sarà sempre uno spazio in cui sarà bello ritrovarsi. ❤️

    Mavie
    • Grazie Mavie, che belle parole.

      Erica Blue
  9. Ciao Erica,
    che analisi lucida sei riuscita a fare , se ti avessi di fronte ti direi di lasciare andare , vedrai che le risposte che cerchi ti arriveranno, sarà banale ma ci credo e penso che funzioni , accettare il nostro cambiamento e non opporre resistenza é già moltissimo, credimi.
    I tuoi contenuti sono sempre interessantissimi e io continuero’ a seguirti a prescindere dalla direzione che prenderà il blog.
    Grazie per aver condiviso il tuo pensiero e per il tuo lavoro 😉

    Valentina B
    • Penso anch’io che funzioni così, lasciare andare e accettare.
      Grazie.

      Erica Blue
  10. AMEN! Questo è il motivo per cui negli anni ho smesso di leggere tutti gli altri blog e leggo solo te

    Non vedo l’ora di vedere come evolverà nel futuro

    Continua così :-)

    eleonora
    • Grazie!

      Erica Blue
  11. Ciao Erica, mi è piaciuto moltissimo questo articolo. Il tuo blog è l’unico che seguo con entusiasmo da tempo e credo che contenuti come i tuoi siano molto difficili (diciamo pure impossibili) da scovare oggi. Apprezzo molto il lavoro che si cela dietro ogni post, si nota che è guidato da un pensiero autentico, preciso e corente, al contrario della stragrande maggioranza dei blog di moda di oggi (se si possono definire ancora tali…). Per me, i tuoi articoli rappresentano una boccata d’aria fresca in un sistema fortemente in crisi, mi ricordano l’approccio di Hajinsky Magazine: qualità e cura dei contenuti prima di ogni cosa. Ti ringrazio molto per il lavoro che fai, continuerò a seguirti per vedere come si eveolve questo spazio!
    PS. Dalle tue parole so che ti sei avvicinata a una visione della moda più sostenibile. Di recente ho co-fondato un’organizzazione con lo scopo di sensibilizzare le persone su questo tema, se vuoi darci un’occhiata il link al nostro sito è questo: http://rencollective.org/
    Un caro saluto!

    Valerie T
    • Ciao Valerie,
      grazie mille e do un’occhiata molto volentieri!

      Erica Blue
  12. Alla lettura di questo articolo mi sono quasi commossa dalla gioia di leggere lo stesso identico, preciso, spiccicato disagio che provo anche io.

    Chapeau.

    E GRAZIE!

    Valentina
    • amiche di disagio, eheh!

      Erica Blue
  13. Ciao Erica, sono uno dei tuoi “venticinque lettori”, accomunati (lo si evince dai commenti) dall’avere teste pensanti. Probabilmente chi ti segue da un po’ aveva già avvertito questo tuo disagio, grazie per averlo spiegato!

    Pikmin
    • Grazie 😉

      Erica Blue
  14. Ciao Erica,
    penso che il tuo disagio, come lo chiami tu, sia parte di un percorso che ricalca un po’ il percorso di vita di ciascuno.
    Cerco di spiegarmi meglio facendo un discorso un po’ generale (spero di riuscirci).
    Come nella vita spesso si passa l’adolescenza a voler essere parte di un gruppo, a voler emulare chi si prende ad esempio per sentirsi accettati, omologati e nel giusto, credo che gli stessi sentimenti siano quelli che animino l’adolescenza lavorativa, di un blog o di qualsiasi altra esperienza.
    Dopo l’adolescenza c’è la maturità e la presa di coscienza che quello che si era rincorso per molti anni era per lo più un mucchio di cavolate, necessario però a formare il proprio punto di vista e magari la propria voce fuori dal coro.
    Credo quindi che sia proprio grazie all’esigenza di uscire da quel mondo in cui non ti riconosci più che si sia sviluppata una maturità comunicativa o di concezione alternativa alla moda dei loghi.
    Le nicchie esistono perché la moda dei loghi non riesce a venire incontro soddisfacentemente a tutte le richieste.
    Detto ciò, a me piacciono le voci fuori dal coro ed io spero di leggerti ancora ed ancora! ❤️

    Poperie
    • Capisco perfettamente cosa intendi, anche se devo dire che essendo stato uno dei primi questo blog non era mai partito con l’idea di essere omologato o simile agli altri. Più che altro spinte dall’esterno lo volevano più in quella direzione.
      Grazie mille per il supporto!

      Erica Blue
  15. Ciao Erica, condivido in pieno il tuo pensiero; lo stato attuale del sistema moda (e della nostra società più in generale) purtroppo non lascia molto spazio alla speranza di un’ inversione di tendenza. Mi rassicura però tornare nel tuo spazio perché sento di non essere sola a pensarla in un certo modo, inoltre, ti leggo con piacere e apprezzo molto quello che scrivi. Spero che continuerai a segnalarci piccoli brand con produzioni consapevoli e/o artigianali e a condividere le tue ispirazioni e gli spunti creativi: è importante. Siamo forse pochi e troppo silenziosi, ma ci siamo anche noi “outsider”, e siamo orgogliosi e consapevoli della nostra diversità.
    Un caro saluto e ancora grazie per i tuoi articoli.
    Anna

    Anna
    • Grazie Anna, secondo me non siamo neanche così in pochi è che non si riesce a fare gruppo ancora.

      Erica Blue