Fashion

Fashion

29 August 2019

Il fashion blog è morto, lunga vita al fashion blog

jurgi persoons fw2002

Ho pensato di modificare la mia bio su Instagram in “avevo un fashion blog, un tempo” perché chi è che scrive un blog nel 2019? Non io, è evidente. Dal momento che l’ultimo post risale a febbraio. Ma “visto che me lo avete chiesto in tante” sono tornata. C’è qualcuno che ancora si azzarda a dirlo nelle stories “me lo avete chiesto in tante”? Perché ho smesso di seguire chiunque sia potenzialmente così autocelebrativa da poterlo fare. Probabilmente sono affermazioni come questa per le quali non ho più un blog. Non creano community, identificazione, affiliazione. Lo snobismo anti-social-media-establishment è controproducente. Anche se sono profondamente grata anch’io al balsamo lenitivo di tutti i messaggi privati. Ieri, grazie a uno di questi, la mia voglia di postare si è ricaricata fino al 100%.

E ora dovrei raccontarvi cosa ne è stato di me in questi mesi? Dovrei. Ma visto che in questo blog non ho mai raccontato un cazzo di veramente personale posso mica iniziare ora? Comunque bello sbaglio, bello, enorme! Non vi racconterò dunque questi mesi di buca, tanto più che la questione coinvolge altre persone, BUT. Posso dirvi che il 2019 per me è stata la svolta. O meglio la fine.

Della comoda, calda, sicura comfort zone nella quale stavo talmente bene da ritrovarmici dentro atrofizzata. E ora sono qui per raccontarvi la mia storia di rinascita, di empowerment, di come si affronta la vita quando ciò che vedi intorno a te sono solo coriandoli sbiaditi portati via dal vento sempre più lontano… Ovviamente no.

Ma era come stare a un party dove sono rimasti i tre sfatti che resterebbero a dormire sul divano a oltranza pur di non tornarsene a casa propria. Che è un po’ ciò che ho fatto io. Rimanere ancorata al divano. Quando tutto intorno a te dice datti una mossa il mio personale preziosissimo consiglio per voi è restateci pure un po’ svaccate su quel divano. Tanto prima o poi sarete voi stesse a non poterne più e affrontare il mostro che ci sta sotto vi sembrerà un piacevole diversivo. Ma rivendico il momento di immobilità, il periodo sabbatico, il tempo passato a pensare intensamente a come smettere di pensare. Se nella società attuale essere di fretta e non avere mai tempo è un vanto, vi dico che il vero lusso è perdersi in quel tempo. Assaporandolo sotto la lingua e poi dilatandolo come una Big Babol cercando di non farlo scoppiare.

Non ho scritto qui ma in questi mesi ero impegnata in un’intensa attività personale di journaling – perché scrivere è il mio sfogo preferito e l’amore di una vita – quindi mi sono dedicata alla tecnica del flusso di coscienza che poi, detta banalmente, è quella di scrivere un diario. Però dentro un’agenda giapponese con la copertina di pelle nera e la carta speciale. Per adeguarmi alla nuova definizione più cool.

Anche questo è un flusso di parole, non vi ho ancora linkato nessun nuovo shop super figo, né postato un 4x di street style. Avrebbe ancora un senso? Nel 2019? Se avete mai desiderato aprire un blog di moda per passione, perché avete idee da condividere o vorreste fotografare la gente al supermercato perché vi ispira, io ve lo dico, fatelo ora che è il momento giusto. Welcome back 2009.

Abbiamo fatto il giro completo e siamo tornati al via. Giornali e siti di moda (esistono? li legge qualcuno?) sempre ancorati ai contenuti pubblicitari, ora con l’aggiunta dei video sui gattini. Le influencer, le nostre amiche della porta accanto, ci propongono costumi da bagno con culi in primo piano da dodici angolazioni e spiagge diverse, in tre continenti differenti. Oppure, quest’estate, indossano magliettone tie-dye come quelle che mi macchiavano le dita quando le tingevo a mano nel lavandino del mio bagno negli anni Novanta. Solo che costano trecento Euro.

E quindi eccoci qui, come nel 2009, che non sappiamo che cavolo metterci. Per questo, vi ripeto, se aprite ora un blog autentico fate il botto. E il cash. Solo che poi vi sentirete in dovere di indossare le magliettone e di far spuntare il culetto ovunque. Che vi terrà a galla come una boa. Non ho nulla da obiettare in questo, colgo solo l’ironia nel fatto che in teoria il vostro focus di interesse sarebbero i vestiti.

Anyway. Avrei voluto scrivere un post anche sui miei due anni senza fast fashion, in 10 semplici punti. Ma poi a luglio ho comprato un paio di sandali da Zara e ho rotto la catena di virtuosismo. È che sono fatta così, non sarò mai un’assolutista. Mi piace cadere rovinosamente nell’eccezione e smentire la mia stessa teoria. Evidentemente trovo sia più eccitante così. Ma tanto ciò che conta nella vita, lo sappiamo, non sono le scarpe, ma love, uscire da quella comfort zone, le conversazioni con gli amici e l'(auto)analisi. Visto che mi contraddico da sola però non escludo il ritorno alla moda e la pubblicazione del suddetto post.

Perché mi piace ancora guardare, toccare, parlare di vestiti. Solo non attraverso lo specchio deformante di quei profili social o di brand luxury che banalizzano, normalizzano, sviliscono l’intero processo di Creazione di Moda.

Rivoglio immaginare una scrivania colma di bozzetti con i campioni di tessuto che si accumulano in bilico nell’angolo, la sarta nel backstage per l’ultimo ritocco che si punge il dito con l’ago, la dedizione e la passione, la solitudine e il furore dello stilista. E poi il frusciare delle stoffe. E la magia della moda. O il suo potere dissacrante.

 

 

Foto: Jurgi Persoons FW-2002

    facebooktwittergoogle_pluspinterest

TAGS:

2 comments

  1. Bentornata tesoro.
    Ti seguo su IG ed ero un po’ preoccupata. Adesso mi sembra di aver capito. In ogni caso a volte basta cambiare prospettiva, riuscire a prendersi i propri tempi per capire e viverli come parte del percorso di vita. A volte è molto doloroso. Attendo i tuoi scritti e ti abbraccio forte.
    La Zietta (se ti ricordi)

    La Zietta
    • Certo che mi ricordo! Grazie Zietta!!

      Erica Blue